RESISTENZA UMANA IN AMAZON: GIORNO 1

Primo giorno di lavoro:

Il primo pensiero, dopo un turno di lavoro è stato: Consuma, produci, crepa.

Non so se c’è differenza tra il capitalismo degli anni 20 del secolo scorso dove il padrone creava case, scuole, e ospedali per gli operai di sua proprietà e Amazon adesso. In amazon non esistono i lavoratori, ci sono dipendenti-consumatori. Il welfare aziendale è fatto in modo tale che chi ci lavora creda di essere nel miglior posto possibile, tutto è misurato affinché tu abbia la sensazione di essere senza pensieri. Un dipendente è deresponsabilizzato dalla sua dimensione sociale. Prestare servizio in Amazon significa accettare la distruzione di un tessuto sociale e di ecosistemi naturali con il solo scopo di produrre plusvalore. Le scatole di cartone passano sui rulli, contengono oggetti inutili per chi li compra. Nella società, nella visione proposta in quest’ecosistema non si è liberi di scegliere o non scegliere, loro decidono cosa di cui tu hai bisogno. Amazon è la luce del capitalismo. Il dipendente modello lavora per loro, fa la spesa con la loro applicazione, partecipa alla loro vita sociale, guarda i film in prime video, ascolta musica in amazon music, leggi i libri in un kindle.

Mi bastarebbe essere un granello di sabbia in quest’ingranaggio distruttivo della contemporaneità.

…e che la mia resistenza umana abbia inizio

 

paternità

Quanto il desiderio di una famiglia può trasformare il mio futuro? Dovrei cedere la mia indipendenza o meglio dovrei porre me stesso in secondo piano, o meglio dovrei fare un passo indietro.

Ecco quello che dovrei fare. Ma come fare per non confondere la sindrome da peter pan da un legittimo desiderio di libertà e bellezza. Perché dovrei sentire l’amore come una forma di libertà e invece mi trovo a non provare quel brivido. Dovrei attendere, l’amore è nascosto dentro una quotidianità che ho perso ad Aprile rinunciando ad un pezzo di me. Non ho ancora superato quel distacco. Mi sembrano tutti pensieri di chi rinuncia.

dev’essere

Dev’essere bello avere una vita normale. Io l’ho solo sognata.

Sono tornato a vivere dai miei. Mio fratello si è mollato con la fidanzata. Gli ho restituito il suo appartamento. La mia indipendenza si è ridotta di nuova. Non è colpa mia certo ma questo è lo stato di fatto. Ho il morale sotto le scarpe. Alcuni legami, il virus se li è portato via e io mi sento assurdamente solo.

Dev’essere bello avere una vita normale. Io l’ho solo sognata.

coronavirus a chi?

Ieri un ragazzo di 16 anni nella mia comunità ha provato a scappare. Dopo che l’ho trovato mi ha detto:”a me che cazzo mi frega di questo virus, muoiono solo i vecchi, io sono giovane e da più di un mese sto chiuso in comunità”.

Ci sono stati come Israele e UK che vorrebbero tenere in quarantena solo gli anziani.
In tutto questo, si sta pagando per 20/30 anni di tagli alla sanità comprimendo le libertà individuali di ognuno.
In Italia ci sono circa 60mila contagiati su una popolazione di 70milioni di individui.
Quello che stiamo vivendo è veramente l’unico modo per affrontare una crisi sanitaria?

Fondamentalmente siamo un popolo cristiano/cattolico per cui ogni vita è sacra per cui estremizziamo il diritto alla vita.

Solitudine

Aumenta il senso si solitudine questo isolamento.
Mi sembra ieri.
Non ero quello che sono
ma poco è cambiato attorno a me.
E nanche lo stato d’animo è lo stesso.
La colpa dell’anima non mi abbandona.